Il Rebirthing Breathwork di Leonard Orr. Rebirthing o Breathwork significa mettere in atto il flusso dell’Energia Divina attraverso un ritmo di respiro semplice, rilassato, facile e connesso.

Creatività e Respiro

Creatività e respiro quotidiana artistica

Idea comune legata alla creatività è quella di credere che sia prerogativa dell’arte e delle invenzioni rivoluzionarie utili alla società ad opera di individui geniali. Molto spesso però, si giunge a scoperte innovative per pura sincronicità più che per una particolare dote geniale. Questo è sostenuto da ricercatori del passato e del presente. Ad esempio Albert Hofmann, che scoprì LSD-dietilamide dell’acido lisergico, e Percy Spencer con la scoperta delle microonde. Si tratta di serendipity o serendipità ossia l’occasione di fare scoperte per puro caso ma anche di trovare qualcosa di non cercato e imprevisto mentre se ne sta ricercando un’altra.

Pensare che la creatività sia una virtù riservata a pochi non fa altro che far prendere le distanze ai più. Quando invece gli atti creativi sono alla portata di tutti indistintamente in modalità e ambiti diversi per ognuno. Un modo di pensare che genera facilmente frustrazione, stress e ansia. Se non gestite queste emozioni conducono oltre la linea di demarcazione dove sono depressione e panico. Pertanto se tale soglia non viene superata, l’ansia diventa una potente leva motivazionale. Paradossalmente l’ansia può condurre a soluzioni creative verso gli ostacoli lungo il percorso della vita. Sto parlando di “creatività quotidiana” che è quella creatività che toglie dalle seccature in modo singolare, quindi creativo.

Possiamo perciò affermare che la creatività si divide sommariamente in creatività legata al mondo artistico e del lavoro e in creatività quotidiana.

Infatti proprio quest’ultimo aspetto dovrebbe interessare tutti. Sviluppare la capacità di attingere al flusso della creatività per “trovare risposte creative a ciò che la vita ci lancia”. Se si impara a far questo, senza voler trovare soluzioni attraverso l’impegno razionale, si risparmiano tante energie, fisiche e mentali, e la soluzione arriva molto più rapidamente. Uno dei modi per farlo è proprio spostarsi dal piano mentale. Ossia non pensarci in modo ossessivo e ripetitivo, affidarsi e fidarsi. Una volta “ricevuta” la risposta creativa risolutiva, ridiscendere nel piano mentale per applicare la soluzione al problema/ostacolo. Questo modo di agire lascia molto tempo poi da dedicare alla creatività artistica nel senso lato del termine. Una creatività che oltre ad essere un’espressione di sé stessi trasmuta e sublima gli aspetti più dolorosi della nostra esistenza.

La creatività che diventa medicina per la mente e per il cuore e di riflesso per il corpo.

Corpo e creatività

Un’altra consuetudine comune è quella di credere che la creatività sia appannaggio dell’intelletto, ma la creatività non fluisce se il corpo non è presente. Quando c’è un dolore, un disagio o disequilibrio a livello corporeo la creatività ne risente. Le espressioni creative che non possono prescindere dal corpo sono molteplici. Basti pensare ad un atleta, un ballerino, un pittore, uno sculture o un cantante, l’elenco potrebbe essere lungo. Se pensiamo ad uno scrittore o ad un poeta vedremo che, oltre alle mani e le braccia, questi mette in campo anche il cervello. Mezzo attraverso cui si pensa e che fa parte del corpo. Il cervello necessita di quote di ossigeno pari al 30% di ciò che respiriamo. Quindi meno respiriamo, meno ossigeno portiamo alla materia grigia e ciò equivale a più nebbia mentale, meno creatività.

Inoltre nel fisico rintracciamo, tramite la variazione della frequenza cardiaca, una lieve sensazione di calore o di benessere generale, l’intuizione, l’idea creativa, la cosa giusta da fare.

Imparare a respirare

“Per riconquistare la creatività dobbiamo imparare di nuovo a respirare”. Citazione di Barnet Bain produttore, registra e sceneggiatore di Hollywood autore di The Book of Doing and Being – Il libro del fare e dell’essere. Nel libro fa spesso riferimento all’utilizzo del respiro consapevole nel suo lavoro. Sostiene che il 98% dei bambini intorno ai 3 anni sono molto creativi e che le loro spiccate doti, crescendo vanno quasi completamente perse.

Secondo Barnet ciò accade perché, per non sentire le emozioni nel corpo, ci distacchiamo da questo, prendendo dimora nella testa. Gestiamo emozioni e percezioni con il pensiero, che di fatto, crea separiamo dal corpo e quindi dalla creatività.

La creatività non nasce nella testa ma è un dono prezioso che arriva da un’altra dimensione che ha a che fare con il cuore, le emozioni e le percezioni. Tutto ciò può trovare soluzione solo riprendendo contatto con il proprio corpo, connettendosi alle emozioni, attraverso l’unico strumento possibile: la respirazione.

Ma in che modo ci separiamo dal corpo?

Sentimenti di paura, abbandono, stress e ansia vengono percepiti come pericoli per la propria vita. Queste emozioni creano un eccessivo accumulo di energia che difficilmente l’individuo riesce a gestire pertanto inconsciamente decide di separarsi dal corpo. Con il tempo, la capacità di dissociarsi dal corpo diventa sempre più spontanea e frequente. È necessario riconnettersi alla propria energia creativa recuperando le sensazioni di vitalità del corpo. Custodite nella sua memoria cellulare onnicomprensiva, ed è possibile farlo solo attraverso il nostro respiro. Aspetti di questo modo di agire inconsapevole si rintracciano in seguito nel proprio corpo attraverso lievi sintomi e nei casi più acuti nelle malattie più o meno gravi.

Ogni emozione è legata ad una sensazione fisica

Inizialmente le emozioni ci portano a ergere una corazza protettiva per poter affrontare la giornata senza troppe implicazioni emotive. Se questo atteggiamento viene protratto nel tempo, il nostro corpo ci presenta il conto. Un modo per distaccarsi momentaneamente dalla turbolenza emotiva è quello di impegnarsi in qualcosa di diverso. Attività come giocare, guardare un film, incontrare un amico. Si permette così di occuparsi secondariamente delle proprie emozioni, quando cioè si è superata la curva emotiva che porta ad una maggiore lucidità mentale. È possibile prendersi cura delle proprie emozioni scrivendo un diario (ciò permette di trasferire l’emozione nel foglio), parlando con un amico fidato o con il proprio facilitatore. Oppure in autonomia respirando in modo circolare e connesso, accompagnando l’emozione dal suo insorgere fino al culmine della sua attivazione.

Un altro strumento di gestione emotiva è senza dubbio la meditazione

L’emozione è la reazione del corpo alla mente e prendersene cura libera tutto il sistema mente-corpo. È importante comprendere che quando reprimiamo le emozioni, queste rimangono intrappolate nel corpo in attesa di essere liberate, se ciò non avviene, il corpo esprime un dolore localizzato contenente il messaggio emotivo da liberare.
Un esempio di sofferenza del corpo, tramutata e sublimata in arte e attraverso l’arte, arriva dalla pittrice messicana Frida Kahlo. Nelle sue opere la pittrice esprime con spontaneità gli eventi drammatici della sua esistenza diventando un esempio di resilienza, trasformandosi e adattandosi alle sfide della vita. L’arte infatti si fa carico di questa enorme missione che va al di là dell’arte intesa come pura e semplice espressione artistica. L’arte diventa missione di sé stessa e in ognuno.

Respiro consapevole

Sia che si tratti di creatività artistica, lavorativa o quotidiana questa può esprimersi in modo spontaneo e senza sforzo solo se si ha la percezione di essere dei co-creatori, cioè di creare con le forze dell’universo.

Per far ciò necessitiamo di imparare a silenziare la mente, soprattutto la mente egoica, quella che negativizza tutto perché impaurita. Un modo per aiutarsi in questo processo, come suggerito in modo risoluto da Barnet Bain, è senza dubbio il respiro consapevole. L’attenzione al respiro ha la capacità di riportare nell’Adesso, quindi su un piano non mentale, permette di aprire un gap tra un pensiero e l’altro e di essere nel flusso intuito-creativo. Lo stesso processo vale quando si vuole essere creativi in particolari ambiti della vita come l’arte, la scrittura o qualsiasi altro aspetto che richieda un estro creativo.

Il blocco dello scrittore

In passato, non di rado, rimanevo paralizzata per ore di fronte ad un foglio bianco, nel cosiddetto blocco dello scrittore, per poi partorire poche righe degne di nota. Finché un giorno, in piena accettazione ma non rassegnata. Iniziai a respirare consapevolmente di fronte allo schermo del mio computer con una bella pagina word bianca con su scritto solo il titolo dell’articolo. Senza perdermi d’animo contattai la parte più intima di me, l’osservatore, e iniziai a seguire l’entrare e l’uscire dell’aria attraverso le mie narici. In men che non si dica mi ritrovai in un flusso di idee tale che, nonostante la mia battitura veloce a 10 dita, non riuscivo a trascrivere tutto ciò che arrivava alla consapevolezza. Modalità che una volta acquisita non mi ha più abbandonata.

La pratica del respiro consapevole che facilita il processo creativo coinvolge tutto il tronco. Questo è un respiro di petto-pancia per risvegliare il genio e infondere una sensazione di vitalità, non si sofferma nel diaframma poiché questa respirazione è più indicata per rilassare e gestire l’ansia. Se si è agli inizi e si ha qualche difficoltà, allora è sufficiente che il respiro coinvolga la parte superiore del petto inspirando ed espirando dallo stesso canale, cioè o dal naso oppure dalla bocca.

Rebirthing-Breathwork

Oggi dopo molta pratica sono riuscita ad entrare quotidianamente nel flusso in modo spontaneo. Il tutto è frutto di un lavoro più profondo su me stessa attraverso non solo la consapevolezza del respiro ma anche e soprattutto con il Rebirthing-Breathwork. Questa pratica permette di andare oltre le barriere della mente, esattamente dove si trova la creatività e allo stesso tempo scioglie, drena e integra gli schemi di pensiero limitanti come quelli legati al potere creativo.

Prima di iniziare la pratica del Rebirthing-Breathwork, si può esprimere un intento chiaro come ad esempio quello di ricevere delle indicazioni chiare e creative per risolvere un problema, ma si possono anche ricevere idee originali per creazioni o progetti futuri senza averli richiesti. Più ci si concede del tempo per praticare Rebirthing-Breathwork più si allarga alla quotidianità, la possibilità di fare esperienza del flusso in ogni momento e soprattutto quando è necessario al proprio benessere fisico, mentale e spirituale.

Stato Alfa e Theta

Il Rebirthing-Breathwork anche detto respiro consapevole, circolare e connesso permette, ma non sempre è il suo obiettivo primario, di raggiungere lo stato Alfa e poi Theta, rispettivamente pre-sonnolenza e sonnolenza. Le frequenze del cervello si abbassano portando il praticante ad uno stato di calma e rilassamento nel quale si è particolarmente intuitivi e creativi. In particolare le onde cerebrali Alfa sono associate ai livelli più elevati di creatività e di conseguenza a bassi livelli di stress: infatti, creatività ed eccessivo stress non possono coesistere.

Spesso il respiro ed in particolare il Rebirthing-Breathwork, permette di accedere al subconscio e, proseguendo con la pratica, di scardinare le sue barriere. Con il respiro si possono contattare le emozioni represse frutto di convenzioni e imposizioni morali e di integrarle. Respiro dopo respiro tutti i livelli dell’essere si riallineano portando il praticante a sperimentare un’espansione di coscienza: le intuizioni affiorano e la propria espressione creativa accresce.

Attraverso il respiro, è possibile attingere a risorse che spesso si pensa di non possedere rifiutando di avvicinarsi alla creatività proprio perché si ignora la possibilità che il respiro consapevole può sprigionare.

Il Respiro e Scienza

Anche la scienza, negli ultimi decenni, ha avvalorato conoscenze ed insegnamenti delle tradizioni sapienziali millenarie in ambito di respiro consapevole, affermando che, una pratica costante porta all’aumento della creatività. Gli antichi saggi indiani inoltre sostenevano che il respiro favorisce la creatività grazie all’unificazione della mente, del nostro corpo, del nostro spirito e delle nostre emozioni, determinando una importante vitalità che facilita l’espressione creativa permettendo una maggiore chiarezza mentale, quindi focus e concentrazione. Il genio che alberga in ognuno si risveglia ma è necessario essere disposti ad uscire dalla zona di comfort, andare cioè, oltre i propri limiti.

Allora siete pronti a respirare consapevolmente? Potreste rimanerne stupiti! Non siate impazienti se non entrate subito nel flusso, le aspettative sono la prima causa di insuccesso in qualunque pratica, ma se si mantengono alti i livelli di fiducia verso ciò che si fa, i risultati arrivano di sicuro! Quali siano i tempi non è dato saperlo, ma di certo arrivano. Buona creatività a tutti!

Fabiola Dessì

Il Rebirthing nel trattamento degli attacchi di panico

Attacchi di panico, ansia e respiro

Il DAP (disturbo da attacchi di panico), insieme all’ansia, è una delle patologie emergenti di questo secolo, che coinvolge prevalentemente individui giovani di sesso femminile tra i 20 e i 40 anni. Può colpire improvvisamente e indistintamente persone sane e socialmente realizzate. In Italia soffrono di panico almeno 11 milioni di persone, tra cui tre milioni di uomini e sette di donne. L’attacco di panico si manifesta in modo improvviso e spontaneo, può durare dai cinque ai trenta minuti e provoca una serie di sintomi che variano da individuo a individuo. Una caratteristica comune a chi soffre di crisi di panico è l’intensa paura e il senso di forte terrore che porta a sentirsi disorientati, temendo – al contempo – di soffocare, di perdere il controllo, di impazzire e di morire. Durante un attacco di panico, inoltre, si possono avere sensazioni di svenimento, vertigini, batticuore, fremiti, intorpidimento degli arti, sudorazione, vampate di calore o brividi di freddo. Questi sintomi possono dar luogo a una serie di ansie capaci di limitare in maniera piuttosto grave la vita personale, professionale e sociale dell’individuo che ne è colpito. Infatti, nei casi più gravi la tendenza comportamentale di chi ne soffre è quella di non abbandonare mai la propria abitazione, neanche per le necessità primarie, di evitare di guidare, di viaggiare o di rimanere soli. Tra le fobie più frequenti troviamo l’agorafobia e la claustrofobia. L’agorafobia – la paura degli spazi e luoghi aperti – spinge ad evitare quei posti dove, in caso di pericolo, non è facile ricevere aiuto o fuggire. La claustrofobia è, invece, la paura degli spazi e luoghi chiusi, ristretti e, a volte, angusti come gli ascensori, i tunnel, la metropolitana o l’aereo, da cui la fuga sarebbe difficile o impossibile.

Crisi di panico e gli squilibri associati al respiro

Solitamente chi ha avuto il primo attacco di panico in aereo, eviterà in futuro di viaggiare con quel mezzo. Nei casi più gravi cercherà anche di evitare ogni altro mezzo di trasporto. Questo accade perché anche una sola crisi di panico basta a far nascere il timore che possa ripetersi.  Ciò viene chiamata “ansia anticipatoria”, cioè la “paura di aver paura”.

“ansia anticipatoria”.

È l’incessante timore che la crisi di ansia e di panico possa ripetersi. La paura è caratterizzata da pensieri ossessivi e ripetitivi come: “ora mi ricapita, si lo sento, mi succede, ora come faccio, mi sta salendo l’ansia, nessuno mi può aiutare”. Secondo la medicina ufficiale e la psichiatria l’attacco di panico è una malattia del cervello. Questa è causata da un’alterazione chimica associata ad eccesso di noradrenalina, molecola dell’attacco e fuga. Attualmente la terapia medica convenzionale ritenuta più valida consiste nella somministrazione di antidepressivi e nella psicoterapia. La prima, non sempre priva di effetti collaterali, la seconda mira a individuare le reali paure, quale sia il malessere profondo e con quali strategie superarli. L’esperienza del rebirthing ha dimostrato con certezza il rapporto esistente fra l’insorgere delle crisi di panico e gli squilibri associati alla respirazione. Tali alterazioni si manifestano con estrema facilità in persone predisposte e in coloro che, senza esserne coscienti, respirano male.

Il Rebirthing contro ansia, depressione e attacchi di panico

La pratica del rebirthing alcalinizza il sangue, riporta alla calma e aiuta ad integrare – cioè ad elaborare – le emozioni represse collegate alle crisi di panico, così come all’ansia e alla depressione. Si può quindi sostenere che le cause e i sintomi legati agli attacchi di panico si possano risolvere, da un lato, rivolgendo l’attenzione alle radici del problema e, dall’altro, operando per sbloccare la respirazione. Così come innesca la crisi, così è in grado di curarla. Riconoscere al respiro questo suo potere naturale è il primo passo verso l’autoguarigione. Attraverso la respirazione si crea un contesto opportuno in cui le sensazioni fisiche ed emotive possono essere affrontate tranquillamente. Fin dalle prime sedute di rebirthing, infatti, si impara a fronteggiare i successivi attacchi di panico: si respira in modalità circolare e ci si rassicura con affermazioni positive finalizzate a tenere a bada le paure e la sensazione di morte che caratterizzano la crisi. Peraltro, nello stato di panico non è facile ricordare di ripetersi “va tutto bene, sono al sicuro, ho fiducia nella vita” oppure “di panico non si muore”, perciò è necessario portare sempre con sé le affermazioni scritte da ripetere mentalmente o a voce alta. L’abbinamento del respiro circolare con le affermazioni positive è un potente sedativo naturale, un rimedio di emergenza che permette di fronteggiare la crisi almeno fino al momento in cui, attraverso il lavoro con il rebirthing, verranno “sciolti” tutti gli schemi limitanti legati agli attacchi di panico.

Il panico… ospite indesiderato

In questa prima fase si impara ad accogliere il panico come fosse un ospite indesiderato e innocuo, ad attenuare l’ansia anticipatoria ed evitare le corse al pronto soccorso. Il sintomo non viene più visto come una malattia della mente, ma come un disagio dell’anima che attende di essere liberata da vecchi schemi e dai retaggi della società in cui viviamo. Negli incontri di rebirthing è il respiro che permette di elaborare eventuali paure coscienti emerse nel colloquio iniziale, di integrare gli schemi inconsci limitanti e il proprio scenario o trauma di nascita. Il rebirthing, infatti, per definizione è “la respirazione del trauma di nascita“, poiché i traumi vissuti soprattutto al momento del parto – ma non solo quelli – rimangono impressi nella memoria cellulare, condizionando la vita presente finché non vengono liberati, del tutto o in parte, dal respiro consapevole. Parlando di attacchi di panico questo è ancora più vero. Nell’esperienza con il rebirthing si è osservato, infatti, che le persone maggiormente predisposte a soffrire di DAP sono coloro che hanno avuto una nascita difficile, caratterizzata da lunghissime ore di travaglio o da pratiche mediche invasive come l’ossitocina, la manovra di Kristeller, l’utilizzo del forcipe o della ventosa. Può soffrirne chi è nato con parto cesareo, chi ha avuto un taglio precoce del cordone ombelicale o chi, quest’ultimo, lo aveva intorno al collo.

La paura del bambino

La paura del bambino di non riuscire a nascere quando il parto si complica è talmente forte che egli teme per la propria vita. Non può uscire da quella che ora è diventata la sua trappola – la sacca amniotica ormai asciutta – e ha terrore di morire. Quando finalmente riuscirà a nascere, da solo o con l’aiuto di mezzi esterni (forcipe, ventosa o altro), la paura provata e rimossa si ripresenterà quando situazioni emotivamente simili a quelle vissute durante la sua nascita si proporranno nel quotidiano, come succede, ad esempio, quando ci si sente in gabbia in un rapporto affettivo, famigliare o lavorativo. Un’esperienza degna di nota è quella di un praticante avvicinatosi al rebirthing per superare gli attacchi di panico. Racconta di aver avuto la sua prima crisi sollecitato dal ticchettio di un orologio a pendolo; in seguito, le crisi hanno cominciato a ripresentarsi stimolate da ogni tipo di ticchettio o rumore similare. La cosa straordinaria è stata scoprire, durante il colloquio iniziale, che al momento della nascita era presente un orologio a pendolo che scandiva secondi, minuti e ore del suo “dramma” di nascita. Il praticante ha respirato in una sala alla cui parete era appeso un orologio dal ticchettio rumoroso che, inizialmente, è stato rimosso; infatti, le emozioni che questo suono suscitava in lui si sono rivelate troppo forti da gestire. Successivamente, la stessa persona è riuscita a respirare in presenza del ticchettio e, seduta dopo seduta, si è infine liberato dal ricordo inconscio di nascita che, evidentemente, era la causa delle sue crisi di panico. Con il rebirthing si vanno, dunque, a integrare quegli schemi invisibili ma dolorosi, capaci di veicolare messaggi inascoltati di angoscia o malessere.

“Chi sono e cosa voglio?”

L’intervento dell’ansia e degli attacchi di panico è decisivo; ci obbliga a guardarci dentro per capire che cosa vogliamo davvero, dove e come intendiamo procedere in tutti gli ambiti della nostra vita. “Chi sono e cosa voglio” è un interrogativo fondamentale da porsi quotidianamente finché non arriva “la risposta”, che potrebbe anche pervenire in modo analogico, cioè attraverso immagini, sensazioni, pensieri improvvisi o incontri inaspettati. Il percorso del rebirthing porta a prendere coscienza di come la vita per molti versi assomigli al proprio scenario di nascita e dell’importanza della sua integrazione. Un po’ per volta emergeranno le credenze limitanti che, attraverso l’accettazione del momento presente, le affermazioni creative, gli eventuali perdoni e, imprescindibilmente, il respiro consapevole apriranno la via dell’autoguarigione e di una nuova visione di vita più funzionale alla propria salute fisica, mentale, emozionale ed energetica. Solitamente dopo un ciclo di dieci sedute si è in grado di gestire le crisi quando si presentano; infatti, ogni volta che si riesce autonomamente a far rientrare un attacco di panico attraverso il respiro, questo meccanismo diventa sempre più la norma e pian piano l’attacco tende a presentarsi meno di frequente, fino a scomparire del tutto. L’unico impegno richiesto a chi si avvicina al rebirthing è quello di affidarsi al metodo e di sviluppare una sufficiente fiducia in sé stessi per poter dar inizio ad una nuova vita. Potreste persino arrivare a ringraziare quel “mostro” chiamato attacco di panico e a vederlo come una importante occasione di cambiamento.

Fabiola Dessì

Rebirthing: La respirazione nel trauma della nascita

Il respiro circolare nelle fasi del concepimento, gravidanza e parto

Come ci suggerisce il titolo, il Rebirthing per definizione è “la respirazione del trauma di nascita” poiché i traumi vissuti al momento del parto e tutte le esperienze del periodo pre e perinatale rimangono impresse nella memoria cellulare condizionando la vita presente. Utilizzando questa potente tecnica possiamo sentire l’energia che scorre e i blocchi causati da emozioni represse in passato. Ogni respiro purifica e rilassa i tessuti del corpo favorendo il rilassamento e l’espulsione delle tossine. Durante una seduta di rebirthing la memoria del corpo viene sollecitata dal respiro facendo emergere ricordi di esperienze passate trattenute nella memoria cellulare; essa viene così liberata dal potere emotivo permettendo di comprendere la causa che genera una insoddisfazione, un atteggiamento indesiderato o una malattia e dà la possibilità di integrarli.

Concepimento

Dunque il respiro circolare aiuta a liberarci dai condizionamenti mentali e dai conseguenti pensieri negativi creando così terreno favorevole per accogliere un bambino. Chi per anni ha cercato un figlio con l’aiuto o meno della medicina tradizionale può augurarsi, senza illusioni, che con la tecnica del Rebirthing possa veder concretizzato il proprio desiderio. Oramai sono sempre più le donne che, dopo aver attraversato dei veri e propri calvari tra inseminazioni artificiali e aborti spontanei, si avvicinano al Rebirthing attraverso il quale fanno chiarezza su se stesse riconoscendo i propri blocchi, spesso di natura psicologica, legati al concepimento. Pertanto con il respiro oltre a far chiarezza è possibile integrare i suddetti blocchi la cui integrazione porta inevitabilmente verso la tanto attesa gravidanza. Naturalmente con ciò non si vuole dire che il rebirthing è la panacea per chi non riesce a concepire un figlio ma vale sicuramente la pena di provare accostandosi alla tecnica con fiducia e con la certezza che se il desiderio di un figlio non verrà accordato, il Rebirthing sarà un valido aiuto per accettare il momento presente così come è, e se non saranno futuri pargoli a riempire e movimentare le nostre giornate è perché l’Universo ha in serbo per noi progetti diversi e più grandiosi dei nostri.

Gravidanza

Sempre più professionisti del Rebirthing indirizzano il loro lavoro nel guidare le future mamme e/o la coppia verso una gestazione serena e la pianificazione di una nascita naturale affinché vengano diminuiti i traumi della nascita al bambino ma anche alla partoriente. Infatti il Rebirthing, in quanto tecnica olistica, non si sofferma alla sofferenza del piccolo ma parte dal benessere della gestante durante tutto il periodo di gravidanza per arrivare a vivere un parto se non proprio orgasmico perlomeno con ridotta sofferenza fisica e per il neonato una nascita normale o quantomeno senza gravi conseguenze. Chi si avvicina al rebirthing durante la gestazione è la futura madre consapevole del fatto che una migliore salute fisica, psichica e spirituale l’aiuterà nel suo viaggio attraverso le emozioni che caratterizzano questo periodo e perciò imparerà a gestirle e ad integrarle man mano che si presentano alla coscienza. Scegliere una gravidanza consapevole significa prendersi la responsabilità delle proprie emozioni che in questo periodo vengono condivise con il feto fin dai primi mesi, emozioni che lo segneranno durante la sua vita attraverso comportamenti che inconsciamente ripetiamo nella vita determinando così la “ripetizione di un vecchio film”. E’ infatti scientificamente provato che nei nove mesi il cervello del bambino comincia ad assimilare un’infinità di informazioni e percezioni che condizioneranno nel bene e nel male i futuri 60/80 anni e inoltre è stato dimostrato che il nascituro non percepisce solo gli stati d’animo della madre ma anche ciò che avviene nell’ambiente circostante. Una madre che vive con ansia la gestazione metterà al mondo un futuro ansioso; bambini nati da madri amorevoli e disponibili saranno più tranquilli, sicuri e con una maturità sessuale sana al contrario madri depresse o infelici avranno bambini difficili e isterici; un bambino non desiderato si sentirà per nove mesi rifiutato e colpevolizzato, sentimenti che riproporrà nelle relazioni con gli altri nella sua futura esistenza. Praticare il rebirthing per vivere la gravidanza il più serenamente possibile non è il solo beneficio che se ne può trarre, infatti ciò che ogni gestante dovrebbe augurarsi è quello di aver integrato, prima di partorire, il proprio scenario di nascita per evitare di ripetere “un vecchio schema” e quindi sperimentare un parto molto più facile. Se la futura madre nascendo ha vissuto insieme alla madre un lungo e doloroso travaglio e non ha integrato tutto il blocco emotivo riproporrà a se stessa e al nascituro un travaglio lungo e doloroso.

Parto

Come abbiamo visto dunque, prima i nove mesi e in seguito la nascita imprimono nella nostra mente una serie di pensieri che in base a come vengono vissuti determineranno la qualità della nostra vita. Scegliere una nascita dolce e consapevole per il nascituro porterà ad un migliore rapporto con i figli che a loro volta saranno più sereni e forti. In questa fase il rebirthing prepara a vivere un travaglio veloce poiché determina, in tempi brevi, il rilassamento delle fasce muscolari del perineo consentendo l’apertura del canale del parto scongiurando così interventi invasivi e di conseguenza un parto dolce. Rimanere connessi con il proprio respiro ci permette di essere protagonisti in prima persona di una esperienza tra le più importanti nella vita di una donna, di rilassarci e di rivalutare la nostra idea di dolore legata a timori ancestrali causati in parte dalla condanna divina che ci dice: “Tu, donna partorirai con dolore”. La paura per il dolore è la prima causa di moltissimi parti difficili e dolorosi, sono forme di pensiero radicate che possiamo cambiare entrando nel respiro per raggiungere stati profondi di rilassamento e integrare così la catena “paura, ansia, dolore”. Anche se per la mente umana è inconcepibile un parto senza dolore, la vasta letteratura legata alla nascita ci racconta di esperienze bellissime di parto fatte di gioia, piacere…. e in assenza di dolore. Se l’evento nascita è vissuto con un atteggiamento corretto e nel qui e ora possiamo riappropriarci del nostro potere intrinseco fatto di capacità nel gestire le emozioni del parto, di interagire in modo cosciente con il personale medico e ostetrico e di prenderci subito cura del nostro piccolo come avviene in natura tra le specie animali. Dopo una esperienza come quella del passaggio attraverso il canale dell’utero, l’unica cosa di cui ha bisogno subito il neonato è di essere abbracciato e consolato dalla madre come dichiarato da chi ha rivissuto l’esperienza della propria nascita con il rebirthing. In questo modo, se pur la nascita rimarrà sempre un trauma per il bambino, si sarà fatto quanto è possibile per alleviare le sue pene, il tutto naturalmente, in una prospettiva di parto cefalico naturale.

Fabiola Dessì

Rinascere in acqua calda

Come far fronte alla sensazione di separazione e abbandono
con il rebirthing in acqua calda

Il Rebirthing, come ormai è noto, nasce intorno agli anni 60 da un’intuizione di Leonard Orr, che nel tentativo di aiutarsi a superare i disagi esistenziali da cui era sopraffatto in quel periodo della sua vita, sperimentava il respiro consapevole in acqua calda nella sua vasca da bagno. Successivamente si scoprì che gli effetti prodotti dal rebirthing nel corpo e la successiva integrazione dello scenario di nascita, si potevano ottenere anche respirando a secco, stesi su un letto; ciò rese più facile l’uso di questa tecnica e favorì l’approccio con il rebirthing per coloro che si accingevano a sperimentare per la prima volta il respiro consapevole. In passato chi iniziava subito a praticare il rebirthing in acqua calda, poteva andare incontro a sessioni spesso dolorose anche se con conseguenze benefiche. Oggi il rebirthing in acqua viene praticato solo dopo che si è fatto almeno un ciclo di respirazioni a secco, anche se non vi è una regola fissa, per consentire al nostro corpo di liberarsi dai blocchi energetici e per acquisire l’abilità di integrare gli schemi che emergono sollecitati dal respiro.

Eliminando buona parte delle energie represse, attraverso le sedute a secco, permettiamo un libero fluire del respiro indispensabile per sperimentare le sedute in acqua calda in modo dolce. Un incommensurabile benessere a livello fisico, mentale e spirituale è ciò che questa esperienza può riservare, a patto che non vi siano delle aspettative e ci si rilassi completamente. Tra i fattori determinanti in una seduta di Rebirthing in acqua calda vi è quello di affidarsi totalmente e con fiducia al rebirther il quale, oltre al sostegno morale, ha il compito di consentire il galleggiamento con un adeguato sostegno fisico. L’acqua alla temperatura di 37°C, l’assenza di stimoli esterni e della forza di gravità, il feeling tra il rebirther e il rebirthee (colui che respira) e la relativa sensazione di accoglienza e protezione, rilassano sia il corpo che la mente. Il rebirthee respira in modo consapevole rimanendo immerso nell’acqua in posizione prona, servendosi del boccaglio e della pinza per il naso.

Una volta aiutavo un’amica a respirare in acqua. Alla fine della seduta mi disse che era stata disturbata dal rumore secco di un’imposta che sbatteva.In realtà non c’era nessuna imposta che sbatteva: aveva udito il battito del cuore di sua madre rivivendo la sua esperienza nell’utero. Infatti ciò che il rebirthee può provare durante la seduta è la simulazione dell’ambiente uterino dove l’acqua rappresenta il liquido amniotico; il legame che si crea con li rebirther ricorda quello tra madre e figlio, ristabilendo quel senso di unione vissuto nelle acque materne. Con la nascita infatti si da origine alla prima separazione e con essa ci si dimentica della sensazione di unità e di essere parte di un Tutto. Nel tentativo inconscio di tornare a quell’unità perduta ci leghiamo ad altri esseri, imbattendoci in relazioni dolorose e deludenti, che ci fanno rivivere l’esperienza di abbandono e solitudine. È un vecchio film che per alcuni si ripetete da sempre, sia nei rapporti d’amicizia ma soprattutto nei rapporti di coppia. Diventa difficile liberarsi da certi schemi perché non se ne conosce la causa. Spesso ci chiediamo perché non riusciamo a liberarci di un rapporto che non ci nutre ma ci fa solo soffrire; la paura di essere incapaci di sopportare ancora una volta il dolore legato alla prima separazione e all’abbandono ci “costringe” a rimanere aggrappati a quel rapporto, è un dolore che inconsciamente già conosciamo poiché è impresso nelle memorie cellulari.

Ogni nascita quindi è un trauma e tutti viviamo quello legato alla separazione, ma non tutti gestiamo allo stesso modo le relazioni, la differenza sta infatti in ciò che accade nei primi istanti della nostra nascita. Come scrive Frederick Leboyer nel suo libro “Per una nascita senza violenza”, se il neonato, al momento della sua uscita dal ventre materno, non viene rassicurato e pacificato attraverso mani immobili ma cariche di tenerezza e con affermazioni del tipo “non temere, sono qui, siamo salvi, siamo vivi” la sua sensazione rimarrà quella di aver perduto la madre sprofondando in un’ angoscia intollerabile. Questo tipo di nascita rassicurante non viene attuata nelle nostre strutture dove il tempo fa da padrone, tutto è vissuto in velocità e soprattutto non viene preso in considerazione il fatto che il bambino possa subire un trauma nascendo. Trauma che si attualizza ogni qualvolta viviamo relazioni dolorose. Il risveglio della memoria cellulare della nostra vita pre e perinatale ci avvia verso la guarigione della ferita da separazione, dalla prima fino a tutte le successive perdite.

L’acqua e la temperatura fanno emergere celermente il materiale rimosso e continuando a respirare consapevolmente ben presto la mente raggiungerà uno stato di quiete nel quale, libera da condizionamenti, potrà osservare i pensieri che l’attraversano e ad ascoltare serenamente i segni emessi dal corpo; naturalmente si apriranno alla nostra consapevolezza nuove vie di comprensione del rapporto con se stessi e con gli altri.

Nel completamento della seduta il rebirthee, questa volta a pancia in su senza boccaglio e pinza, si abbandonerà al protettivo abbraccio del rebirther consentendo l’integrazione di un bisogno ora soddisfatto: l’accettazione, l’accoglienza, la protezione, la cura e l’unione. Tutto ciò che ricerchiamo in un rapporto di coppia ora può essere vissuto come l’incontro di due anime che si evolvono insieme piuttosto che come una necessità per esistere. L’acqua calda dunque utilizzata come potente elemento purificatore non solo del nostro corpo fisico ma anche di quello emozionale; un rimedio curativo, in questo caso, dell’anima.

Fabiola Dessì

Respirare bene per vivere meglio

L’importanza del respiro nella quotidianità e nel Rebirthing

La vita comincia con il primo respiro e si conclude con l’ultimo; se non si respira per alcuni minuti, la morte è certa. Poiché il respiro costituisce il ponte di collegamento con la vita, è la cosa più preziosa dell’Universo. La saggezza orientale insegna che il respiro è “Prana”, energia vitale, forza dello spirito. Nell’antica lingua latina, la medesima radice “Spirare/Spiritus” sta ad indicare sia l’anima che il respiro, e la creazione stessa dell’uomo, nella storia biblica, avvenne grazie al respiro che Dio alitò nel fango. Grazie al respiro l’individuo separato si unisce alla Coscienza Universale e si sente parte di un Tutto Unico. Ho voluto sottolineare i molteplici aspetti del respiro perché spesso lo consideriamo un processo scontato, senza riflettere su quanto esso sia importante per vivere bene. Respirare è un atto spontaneo che consente di rimanere in vita e può diventare la nostra prima medicina, tra l’altro gratuita. Sappiamo tutti che la respirazione fornisce alle nostre cellule l’ossigeno necessario a svolgere i processi vitali, ma non tutti sanno che solo con la giusta quantità d’ossigeno la cellula è in grado di produrre il Trifosfato di Adenosina (A.T.P.), che fornisce energia all’organismo. Non si deve poi trascurare il ruolo svolto dalla respirazione come strumento di eliminazione delle scorie depositate nei tessuti. Forse sorprenderà sapere che solo il 3% delle scorie vengono eliminate tramite la defecazione e il 7% attraverso l’urina; mediante la pelle passa un altro 20%, mentre il restante 70% deve essere eliminato con la respirazione. Tali scoperte sulla respirazione cellulare risalgono al 1931 e valsero il premio Nobel allo scienziato che effettuò la ricerca, Otto Warburg. Se lo scambio ossigeno/anidride carbonica non funziona in maniera corretta, l’intero organismo ne soffre, i meccanismi corporei si inceppano e danno spazio alle malattie, tra cui quella che si usa chiamare “invecchiamento”, con tutti i sintomi che l’accompagnano. Insonnia, ansia, attacchi di panico, affaticamento cronico, hanno origine in una cattiva respirazione. La maggior parte delle persone, senza rendersene conto, non respira: per gran parte del tempo trattiene il fiato, prima di lasciarsi andare ad una lunga espirazione che precede brevi inspirazioni affannose.

Se poi ci si trova in una situazione di turbolenza emotiva, si arriva alla completa inibizione del respiro. Inibire la respirazione quando siamo in balia di uno stato d’animo negativo è una reazione automatica, quasi una lieve anestesia, che riemerge dalla nostra memoria cellulare impressa al momento della nascita, quando il respiro si manifestò come risposta a un’aggressione. Il neonato infatti, separato improvvisamente dal cordone ombelicale, viene brutalmente privato dell’ossigeno e tutto il suo sistema di allarme spinge l’organismo a respirare. L’aria, invadendo i polmoni produce come una scottatura ma il bambino, per sfuggire alla morte, deve continuare a respirare: per lui respirare non è altro che un orribile espediente per sopravvivere. Secondo quanto afferma Leonard Orr, padre fondatore del Rebirthing, si stabilisce così il primo riflesso condizionato che assocerà per sempre la respirazione all’angoscia. Per evitare ciò basterebbe consentire una doppia respirazione di alcuni minuti, per dare al neonato il tempo di reggere la respirazione polmonare, evitando il trauma. L’esperienza del Rebirthing ha dimostrato che solo il respiro profondo ci permette di integrare, ossia guarire, le sensazioni che stiamo provando.

Per vivere liberi da emozioni negative è necessario respirare liberamente, non soltanto con le spalle e il petto, ma con il ventre, con i fianchi e con la schiena. È quindi fondamentale imparare a regolare il respiro per ottenere un reale benessere psicofisico; respirando in modo corretto riusciremo a entrare in contatto con noi stessi, con i nostri bisogni nascosti e le nostre emozioni più profonde. Senza dubbio il Rebirthing è un eccellente metodo per rieducare il respiro, permette a chi la pratica di ossigenarsi e nutrirsi a livello fisico e spirituale. Con il respiro circolare è possibile rivivere il trauma della nascita e guarire dal dolore provato nei primi atti respiratori, liberando la memoria cellulare da un ricordo che, per la sua carica emotiva, condiziona negativamente la nostra respirazione. Per giungere a una vera guarigione è necessario praticare il Rebirthing tutti i giorni, per un periodo che varia da persona a persona, dopo aver imparato la tecnica con un Rebirther, il quale vi aiuterà a rivivere e guarire il trauma della nascita. Oltre ai benefici che si otterranno a tutti i livelli, avremo messo in moto un meccanismo di autoguarigione che ci stupirà quando meno ce lo aspettiamo, se restiamo liberi dalle aspettative: sarà il soffio vitale del respiro che deciderà come e quando fare il miracolo della guarigione.

Fabiola Dessì

Guarire con il respiro

Guarire con il respiro: introduzione al Rebirthing

Il rebirthing è un metodo moderno e olistico per migliorare se stessi e raggiungere il benessere fisico e psicologico. Porta a rilassarsi profondamente, a ritrovare la concentrazione e a rinnovare corpo, mente e spirito.

Facile da apprendere, è anche estremamente piacevole; i risultati che si ottengono sono permanenti. La scoperta del Rebirthing si deve a Leonard Orr che la mise a punto in una decina d’anni alla fine degli anni 60 del secolo scorso. Egli si rese conto che attuando una respirazione circolare in acqua calda è possibile rivivere l’esperienza della propria nascita per liberarsi dal dolore emozionale. Successivamente fu perfezionato il rebirthing a secco, molto più pratico poiché non occorreva respirare in acqua, ma molto più semplicemente sdraiati su un materassino in posizione orizzontale. Nel 1977 Leonard Orr andò in India per la prima volta per parlare della sua scoperta a Babaji il quale definì il rebirthing una forma occidentale di pranayoga. Nella tecnica del rebirthing il tipo di respirazione usata viene chiamata “respiro circolare”, inspirazione ed espirazione sono connesse, così che non vi siano pause nel respiro; l’espirazione è rilassata senza il minimo controllo, se si inspira dal naso si espira dal naso, se si inspira dalla bocca si espira anche dalla bocca.

Il respiro circolare ha come risultato “circuiti completi d’energia” nel corpo. Chi respira sente l’energia che scorre inclusi i blocchi causati da emozioni represse in passato. Ogni respiro purifica e rilassa i tessuti del corpo favorendo l’espulsione delle tossine. Durante una seduta di rebirthing la memoria del corpo viene sollecitata dal respiro facendo venire a galla ricordi di esperienze passate trattenute nella memoria cellulare; essa viene così liberata dalla carica emotiva accumulata permettendo di comprendere la causa che genera una insoddisfazione, un atteggiamento indesiderato o una malattia e dà la possibilità di integrarli. L’integrazione è la trasformazione degli aspetti negativi in gratitudine. Ci si rende conto di aver integrato qualcosa dal fatto che non gli si resiste più o in ogni caso non è più un problema e la mente è libera di occuparsi d’altro. Ogni volta che si cambia un giudizio negativo in positivo si ha un’integrazione, con tutti i benefici che l’accompagnano. Affinché ci sia una buona integrazione, o guarigione, durante la seduta di rebirthing il respiro deve essere sempre circolare e connesso ed è in questo caso che il ruolo del rebirther è fondamentale, egli ricorda al respiratore di respirare mantenendo sempre il respiro allo stesso ritmo, intensità, pienezza e profondità, anche quando quest’ultimo viene inibito da pensieri negativi che affiorano alla mente durante la respirazione.

In generale si suggerisce di fare un minimo di dieci sedute con lo stesso rebirther, che sono sufficienti per avere le idee chiare sul tipo di lavoro e su come applicarlo alle varie emozioni represse. Il rebirthing può essere praticato anche da soli ma non prima di aver fatto almeno un ciclo di respirazioni guidate con un rebirther. La cosa peggiore che potrebbe succedere nel respirare da soli, senza un training adeguato, è diventare acutamente consapevoli di sensazioni represse, un’esperienza di questo tipo non comporta alcun pericolo, ma potrebbe lasciare in uno stato poco piacevole al termine della respirata per un tempo che varia da persona a persona. Facendo una seduta con un rebirther, normalmente dopo la respirata, ci si sente profondamente appagati e non si rischia di rimanere in stati spiacevoli se non in casi rari e comunque per non più di alcuni minuti. Il rebirthing è dunque di grande beneficio a chiunque. È assolutamente sicuro, praticabile da persone di ogni età e permette di ottenere straordinari risultati nel superamento di disturbi come attacchi di panico, ansia, dipendenze, insonnia, emicrania, dolori alla schiena e molto più.

È indicato per chi sente la necessità di un sostegno personalizzato e di istruzioni su tecniche per migliorare specifici settori della propria vita come le relazioni personali, per abbandonare abitudini autodistruttive, per ottenere successo nel lavoro o semplicemente per gustare di più la vita. È inoltre un efficace strumento di sviluppo del potenziale umano in quanto promuove autentiche esperienze interiori. Può essere praticato in sedute individuali o di gruppo. La seduta individuale dura circa due ore ed è costituita da un colloquio che ha lo scopo di analizzare e indirizzare il pensiero in quanto potere creativo; ad esso fa seguito l’esperienza della respirazione cosciente. Durante le sedute di gruppo, che prevedono sempre una sessione di respirazione, possono essere sviluppati diversi argomenti tra i quali le relazioni, il lavoro, la salute, il denaro etc. Ogni partecipante ha la possibilità di entrare in contatto con le proprie emozioni, risvegliate dal tema trattato, ed integrarle con la respirazione. Con queste brevi note si è voluta dare un’idea esaustiva di cosa sia il Rebirthing per tutti coloro che ancora non conoscono questa tecnica e che cercano un approccio consapevole alle metodologie olistiche capaci di rendere migliore la nostra vita.

Fabiola Dessì

La scelta vegetariana e vegana nel tempo

Alimentazione e Rebirthing

La scelta vegetariana/vegana non è sempre facile. Ogni giorno, nel mio lavoro di consulente, sostengo persone che vivono dei veri e propri disagi per le loro scelte alimentari, a causa delle pressioni che subiscono in ambito famigliare e sociale, preoccupazioni generate sovente dalla disinformazione su eventuali danni che tale scelta può causare all’organismo .

Nonostante la scienza vegetariana sia supportata positivamente da una vasta letteratura e da evidenze scientifiche sui benefici derivanti da questa scelta nutrizionale, le convinzioni/convenzioni sociali che investono il futuro vegetariano sono spesso faticose da gestire, soprattutto quando la scelta ha come origine una motivazione di tipo etica piuttosto che salutistica.

Superato il primo ostacolo, la sfida è portare avanti nel tempo tale scelta. Mi capita troppo spesso di conoscere persone che, dopo un periodo di vegetarianismo, sono tornate all’alimentazione “tradizionale”, per esempio, a causa di un malessere fisico. Nella fattispecie ogni malessere è, per la medicina allopatica, quasi sempre imputato ad una alimentazione povera di proteine animali, di ferro o vitamina B12. Senza il sostegno di persone esperte e competenti (medici vegetariani, naturopati, ecc.), è facile tornare sui propri passi. La circolazione di materiale informativo fuorviante, aumenta a dismisura la difficoltà di raggiungere le informazioni corrette.

Infine, per portare avanti la scelta vegetariana, dobbiamo fare i conti anche con il nostro DNA. La memoria genetica, attraverso l’olfatto, la vista e poi il gusto, ci richiama continuamente alle vecchie abitudini alimentari. È un viaggio emotivo a ritroso verso la nostra memoria cellulare dalla quale nasce il desiderio, che è nella nostra mente, e che ci riporta o ci tiene legati a vecchi comportamenti. Il cibo, infatti, può ricordare l’infanzia, luoghi e tempi di vita trascorsa assolutamente vivi in noi a livello energetico. Pertanto, se non si è abbastanza motivati e determinati, è facile ritrovarsi a desiderare o a mangiare il piatto, a base di carne, della mamma. Ciò fa sorgere non pochi sensi di colpa, che ben presto vengono soppressi grazie all’aiuto del corpo che si ammala, la cui causa, come già detto, per convenzione sociale, viene imputata a deficit nutrizionali.

Questo è il perfetto gioco della mente che tenta di intrappolare facilmente chiunque, prima o poi. Solo chi vive con determinazione, nel qui e ora, la scelta intrapresa, può uscire da questo gioco, qualsiasi sia la spinta emozionale che l’accompagna. Vivere nel qui e ora significa abbandonare: il desiderio di tornare ai vecchi comportamenti; la paura per la propria salute e di chi condivide con noi la medesima scelta (ad es. figli); il timore di non essere accettato e giudicato, deriso e osteggiato.

Personalmente non ho mai avuto richiami così forti da indurmi ad allontanarmi dall’alimentazione vegetariana anche se, nei primi anni di vegetarianismo, in diverse occasioni, ho sentito il pressante desiderio di alcuni piatti. Ho così iniziato a osservare questi miei comportamenti e notavo che il Rebirthing, la tecnica di respiro consapevole che pratico e insegno, mi aiutava ad integrare tutte le emozioni di desiderio, paura e giudizio legate al cibo. Ogni volta che sopraggiungeva un turbamento riguardante la mia alimentazione, mi dedicavo del tempo per “respirarlo via” e, respiro dopo respiro, ogni dubbio, paura e insicurezza lasciava il posto alla fiducia, alla sicurezza e all’amore.

Il Rebirthing, infatti, è una tecnica di respiro che si pone come obiettivo quello di integrare tutte le memorie dolorose che abbiamo impresse nella memoria cellulare, dal momento del concepimento ad oggi. Quando integriamo le memorie dolorose, queste non hanno più potere reattivo e la nostra vita scorre più serenamente. Nella mia ricerca ho potuto altresì osservare che, comportamenti legati alle dipendenze come il fumo o il gioco, con il Rebirthing, venivano pian piano abbandonati. Da qui l’idea di applicare la respirazione consapevole anche alle emozioni connesse al cambiamento di alimentazione di chi sceglie di diventare vegetariano o vegano, per superare la dipendenza da un certo tipo di alimenti, esattamente come avevo già sperimentato personalmente. Chi si avvicina al Rebirthing difficilmente abbandonerà la via vegetariana e vegana, poiché è un viaggio interiore dal quale è difficile tornare indietro… si può solo andare in avanti! Buon respiro a tutti e buona vita vegetariana o/e vegana.

Fabiola Dessì

Tratto dal libro La cucina mediterranea del Bel Paese: l’Italia vegetariana e vegana